Traduzione italiana dei testiSTATEMENT Il processo artistico di Paola Favoino si concentra sulla ricerca di una simbiosi che attraversa i concetti di identità, superficie e stratificazione ancorandosi a tematiche socialmente attuali in relazione all’individualità, ai flussi sociali e migratori e alle loro ambivalenze. L’intermedialità è intrinseca parte del suo metodo artistico nel quale la fusione di tecniche e materiali diversi è tesa a far emergere le immagini che si celano sotto la superficie evidente delle cose. L’artista usa la fotografia e l’arte della stampa in camera oscura come strumenti principali di indagine in un atto dello stampare stesso che si faccia contatto con la storia indagata e scandagliata come in una geometria frattale dell’evidenza. La sociologia, prima formazione accademica dell’artista, permea la sua ricerca secondo una pratica dell’ombra intesa sia come ruolo del sociologo che fa accadere e registra la società, sia contemporaneamente come luogo dal quale osservare e farne emergere le immagini latenti. Il centro di tensione diviene l’indagine visiva sulle immagini stesse, attraverso strati e grane che penetrino il limite tra sostanza intima e sua restituzione sociale.
BIO Paola Favoino vive e lavora a Roma. Dopo gli studi in sociologia e un master su Immigrazione e asilo politico inizia ad usare la fotografia come linguaggio per le storie che vuole raccontare. Per sette anni viaggia nell’Albania del nord dove conosce e documenta le ultime vergini giurate (burrnesh nel dialetto locale). Questo lavoro diventa una mostra fotografica, un cortometraggio e nel 2019 un libro d’artista dal titolo A JE BURRNESH, curato da Aminta Pierri e pubblicato da Edizioni D’ottobre/Balter. Il libro è stato apprezzato ed esposto in Italia e all’estero ed è attualmente presente in molte librerie fotografiche d’Italia. Nel progetto “L’isola” (2018-in corso) esplora il tema dell’identità di genere e della manipolazione del corpo creando una serie di ritratti in cui scompone e ricompone innumerevoli volte la stessa immagine. La ricerca prevede l’uso della gelatina d’argento su materiali diversi (carta, cartoncino, vetro, mattoni grezzi) e una manipolazione del negativo analogico. Nel 2021, una prima maquette interamente fatta a mano vince la Menzione d’onore al Premio Bastianelli mentre una serie è entrata nella selezione ufficiale del Blowup Press Book Award (Polonia). Con lo scoppio della guerra in Ucraina ha iniziato un lavoro di corrispondenza con Kiev che è diventato “Birds are not allowed to cross the border”, un racconto intimo e doloroso sulle conseguenze della guerra. Il progetto è stato esposto per la prima volta al Goethe-Institut di Roma, poi in Danimarca all’IIC di Copenaghen, al NTL di Holstebro, al teatro Nazionale di Tirana e alla Pelanda dell’ex Mattatoio di Roma come parte del progetto europeo Spores.
STORIA DI UN LIMITE di Aminta Pierri (curatrice del libro A Je Burrnesh) Secondo le leggi del codice Kanun trasmesse oralmente da secoli, se in una comunità familiare, specialmente nel nord dell’Albania, veniva a mancare l’uomo che ne era a capo, le sue funzioni di reggente potev ano essere assunte da una donna. Questa rinunziava al ruolo di moglie e di madre, vestiva abiti maschili e veniva considerata e rispettata come “uomo”, non solo nell’interno della famiglia, ma anche nella intera comunità sociale. Burrnesh è un termine intraducibile letteralmente che è la femminilizazione della parola Burr ovvero uomo. La dualità, l’impossibilità, il limite diventano oggetto del libro. Le immagini sono in realtà negate, impossibilitate della loro lettura ‘normale’, legate in quartini rovesci che ne impongono la visione spezzata si aprono però alla ricerca dei dettagli e si dispiegano in un viaggio che torna di continuo su una stessa strada marcata da alcuni elementi che si fanno fortemente simbolici come la presenza delle acque di un lago, la mascheratura del blu applicato a mano per ogni copia a rimarcare un’incontro ed una imponente pietra solitaria. Pietra che ha determinato la scelta della copertina anche essa divisa, tagliata tra Burr e la sua femminilità e che è sentore della leggenda di Rozafa madre sacrificata al castello di Scutari murata quale pietra miliare sacrificale alla tenuta dei confini contro gli invasori, donna e roccia. E ancora è il limite che si impone come centro della narrazione in quanto confine duale. Limes ha origini complesse, è via traversa, sentiero che fa da confine, confine territoriale: dove conosco separato da dove è l’ignoto. Il limite è proprio quel segno che da una parte definisce, descrive e rassicura e dall’altra è indissolubilmente legato alla esistenza stessa della strada alla via che permette la comunicazione che conduce dove non conosco e dove sposterò il mio nuovo limite. Così se antropologicamente possiamo studiare il fenomeno delle burrnesh per avvicinarci a questa storia possiamo definire chi sia una burrnesh? Se sia donna o uomo oppure tutto quello di obliquo di trasversale alle definizioni di personale l’abbia portata ad essere ciò che di volta in volta vogliamo che lei sia o ciò che lei vuole essere? A je Burrnesh si può tradurre in come stai burrnesh o forse potremmo forzarlo in dove sei sulla tua strada burrnesh? a che punto di te sei?
a je – (dialettale) come va? burrnesh – (dialettale) sostantivo formato da burrё (uomo) + n–eshё (suffisso femminile) Ho iniziato questo lavoro con la curiosità di chi parte alla ricerca di un tesoro su un’isola sconosciuta. La mia isola era l’Albania e il tesoro le burrnesh. Questo libro racconta il mio viaggio, mettendo a nudo l’ambiguità e l’incompiutezza che l’accompagnano. Ma chi sono le burrnesh? Donne, a volte ancora bambine che, all’interno dei propri clan, in un clima in cui il senso del dovere era fortemente alimentato, venivano scelte per crescere come uomini e far fronte in futuro all’assenza di un capo-famiglia maschio, oppure ragazze che, per evitare il matrimonio o le conseguenze di un suo fallimento, senza però infangare il buon nome della famiglia, semplicemente vi rinunciavano, vestendo abiti maschili e facendo un giuramento di verginità. Tracce di questa consuetudine si trovano nel Kanun di Lek Dukagjini del 1450, contenente le norme morali e giuridiche e le tradizioni orali stratificate nei secoli che regolavano la vita del popolo delle montagne. “..un imprevisto della Storia, un’improvvisa mutazione genetica della società”, le definisce Eliana Leshaj, scrittrice albanese; il pezzo rimosso di una Storia travagliata, per me. Per sette anni ho seguito il cammino di alcune di loro che sono diventate per me una seconda famiglia, lontana solo di poco rispetto all’altra. Fize e Gjin, Mark e Mol, più anziane, appartenenti ad un’epoca più lontana, hanno aderito pienamente al ruolo che la storia ha loro assegnato. Gjystina, più giovane, ha mantenuto più delle sue “madri” un attaccamento alla propria identità, rimanendo aggrappata al suo vero nome. Ma ciò è solo forma, la sostanza è rimasta la stessa: un vuoto riempito da altri e una verità nascosta così bene da risultare invisibile. Tutte le fotografie, tranne quelle d’archivio sotto la traccia del blu, sono state scattate in analogico tra il 2011 e il 2017 tra la città di Laç e quella di Bajram Curri.
A je Burrnesh è di Paola Favoino Balter | edizionid’ottobre Per la poesia Eliana Leshaj Per la cura&bookdesign Aminta Pierri Per la grafica Riccardo Gola Per le traduzioni Bruno Pierri e Eliana Leshaj Per la post-produzione e la stampa in camera oscura Davide Di Gianni ottobre 2019 – Siz Industrie Grafiche Verona 250 copie di cui di 10 in edizione limitata con stampa in camera oscura rilegatura giapponese + applicazioni a mano (Aminta e Paola) testi in italiano inglese e albanese
Il libro si trova: Leporello, Roma; Marini, Roma; Tlon Galleria Nazionale, Roma; NW Gallery, Copenhagen, Denmark; Magazzini Fotografici, Napoli; Officine Fotografiche Roma; e su richiesta scrivendo a: pfavoino@yahoo.it or balterbooks@gmail.com
Birds are not allowed to cross the border (Gli uccelli non possono attraversare il confine) (2022-in corso) A settembre ho iniziato una corrispondenza con Julia, una donna ucraina fuggita in Italia nel marzo 2022, portando con sé una scatola fatta a mano contenente nove uccelli, la sua famiglia allargata. La nostra breve conoscenza, durata solo un’estate, è proseguita dopo il suo rimpatrio a settembre attraverso una fitta corrispondenza whatsapp. Il racconto della sua vita quotidiana, apparentemente banale, è attraversato dall’ombra della guerra, dall’elettricità razionata, dal riscaldamento improvvisato e spesso pericoloso, dagli allarmi antiaerei e dalle fughe nei rifugi o fuori città, e infine dalla scoperta dell’impossibilità per i suoi uccelli (e quindi per lei) di attraversare nuovamente il confine. Il mio desiderio è di dare a questo progetto la possibilità di muoversi il più possibile: è una narrazione della guerra fatta attraverso la voce di una giovane donna di Kiev. Ho creato 14 prototipi dei suoi uccelli e ho stampato 3.000 cartoline che vorrei far viaggiare il più possibile. Inoltre, ho stampato delle gigantografie di alcuni luoghi, sono le foreste lettoni (le foto sono grandi ma facilmente trasportabili in due cilindri di cartone pressato). Birds are not allowed to cross the border è entrato a far parte del progetto europeo SPORES ed è stato esposto per la prima volta al Goethe-Institut di Roma nel marzo 2023.
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